eta'evolutiva

Ritardo di acquisizione delle tappe di sviluppo

Il bambino riesce ad acquisire il linguaggio in un periodo di tempo abbastanza breve, anche se i ritmi di apprendimento non sono sempre gli stessi da un bambino all’altro. Prima però che il bambino cominci a produrre parole comprensibili, deve raggiungere delle tappe fondamentali per il successivo sviluppo di un linguaggio corretto. Quando questi traguardi non vengono raggiunti possono insorgere problematiche più o meno gravi che, in età più avanzate, potrebbero portare il bambino ad avere bisogno dell’aiuto del logopedista o di altre figure professionali. Il genitore quindi dovrebbe fare attenzione nei casi in cui fossero presenti due o più delle seguenti caratteristiche:

Assenza di lallazione tra i 5-7 mesi e i 9-10 mesi (per lallazione si intende la ripetizione di una stessa sillaba es. la-la, pa-pa, ma-ma)

Assenza di gesti a 12-14 mesi

Assenza di azioni con oggetti a circa 12 mesi (es. prendere in mano oggetti per esplorarli e conoscerli)

Assenza o scarsa presenza di gioco simbolico (es. gioco del far finta) a 24-30 mesi

Vocabolario ridotto: meno di 20 parole prodotte a 18 mesi, meno di 50 parole prodotte a 24 mesi

Ridotta comprensione di ordini semplici o di frasi non legate al contesto a 24-30 mesi (il bambino ha difficoltà a comprendere quando l’adulto parla di qualcosa non pertinente alla situazione che si sta svolgendo es. chiedere al bambino di prendere l’acqua in cucina mentre gioca nella sua camera)

Persistere di un linguaggio non comprensibile dopo i 30-36 mesi.

 

Di fronte a una situazione di questo tipo è opportuno rivolgersi a un professionista per una consulenza e per una, eventuale, terapia poiché il superamento di tali difficoltà, di solito, non avvengono naturalmente.

Disturbo specifico del linguaggio (produzione e/o comprensione del linguaggio)

Il disturbo di linguaggio è una patologia a livello funzionale che può essere evidenziata a partire dai 36-48 mesi, anche se già dai 24 mesi ci sono degli indicatori che potrebbero portarci a pensare che il nostro bambino sviluppi in seguito un disturbo di linguaggio. Una delle sue componenti: la pronuncia della parola, la scelta delle parole dal vocabolario, la comprensione delle parole e delle frasi, la strutturazione della frase secondo le regole grammaticali e l’organizzazione di un discorso possono essere inadeguate in assenza di deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali e si definiscono Disturbi Specifici del Linguaggio "DSL".

Nella classificazione dell’ICD 10 (International Classification of Diseases- redatta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) sono descritte le seguenti categorie:

Disturbo specifico

Disturbo del linguaggio espressivo

Disturbo della comprensione del linguaggio

Dopo un’accurata valutazione svolta attraverso l’utilizzo di test standardizzati ma anche da un’osservazione in contesto ludico del bambino e una raccolta di campione di linguaggio spontaneo, si può procedere con un percorso di terapia logopedica mirato a risolvere progressivamente quegli aspetti del linguaggio risultati inadeguati per l’età. La valutazione è preceduta da un colloquio con i genitori per un’anamnesi familiare e quindi conoscere meglio la storia clinica del bambino.

Vari studi hanno verificato l’importanza e l’efficacia del trattamento nei disturbi del linguaggio poiché  diminuisce significativamente l’emergere di difficoltà di apprendimento della lettura e della scrittura.

Oltre all’intervento sul bambino sono altrettanto importanti  degli incontri con i genitori per informarli sulle caratteristiche del disturbo, sostenerli nelle difficoltà comunicative e sociali che incontrano e per suggerire  loro un modello educativo che favorisca lo sviluppo del linguaggio e riduca i comportamenti problematici.

Disprassia verbale

La disprassia verbale è una patologia caratterizzata da un disturbo nella programmazione dei movimenti volontari in assenza di deficit organici e neuromuscolari. La caratteristica principale della disprassia è la dissociazione automatico-volontaria, cioè la conservazione del movimento dal punto di vista automatico, ma non volontario; in altre parole, il bambino con disprassia verbale riesce a produrre i movimenti fini della zona bucco-fonatoria in maniera automatica, ma non riesce a produrli in maniera spontanea, soprattutto se scollegati da un contesto. Il trattamento consigliato per questo tipo di patologia è di tipo logopedico e si articola su più livelli:

Si esegue una valutazione delle competenze del distretto bucco-fonatorio del paziente; viene valutata la capacità di compiere determinati movimenti spontaneamente, su imitazione e veicolati da oggetti che inducono il movimento (ad esempio la candela per soffiare ecc…) per individuare tutti quei movimenti che meritano un allenamento specifico. Contemporaneamente a questo allenamento, si svolge un lavoro sull’articolazione dei fonemi, in modo da migliorare la produzione verbale.

Disturbo del linguaggio da ritardo mentale o malattie genetiche o spettro autistico

Una difficoltà di linguaggio si presenta spesso nei bambini con sindromi genetiche (Sindrome Down, Sindrome di Williams ecc.) o con ritardo mentale  oppure nei disturbi dello spettro autistico e in questo caso si parla di “Disturbo del linguaggio secondario”. La presa in carico di bambini con queste caratteristiche deve essere precoce (anche intorno ad un anno di età) per permettere un buon lavoro iniziale sulla motricità bucco-facciale e preparare adeguatamente tutti gli articolatori coinvolti nella produzione di fonemi, ovviamente si lavora anche sugli aspetti della comprensione prima contestuale e strettamente legata al vissuto del bambino e poi più complessa. Quando il bambino è molto piccolo  si svolgono spesso colloqui con i genitori per fornire loro consigli utili a favorire lo sviluppo del linguaggio.

Down che colora
difficoltà-di-letto-scrittura

Disturbi dell’apprendimento

Un disturbo di apprendimento è caratterizzato da una condizione clinica evolutiva di difficoltà nell’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo condizione che, ovviamente, emerge e si manifesta con la scolarizzazione.

In base alle caratteristiche che il bambino presenta l’ICD-10 (F81 Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche) e il DSM IV TR (315 Disturbi dell’apprendimento) hanno individuato le seguenti condizioni cliniche:

dislessia: disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del testo);

disortografia: disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica e competenza ortografica);

disgrafia: disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria);

discalculia: disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (capacità di comprendere e operare con i numeri).

Si definisce &quotDisturbo Specifico di Apprendimento&quot DSA, il disturbo che interessa una specifica area dell’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo) senza, però, presentare deficit di intelligenza, sensoriali o neurologici, problemi ambientali o psicologici.

Tra le cause di un disturbo di apprendimento sono state individuate i fattori geneticifattori  acquisiti (sofferenza cerebrale precoce, lesioni di varia natura, ritardi maturativi, ecc.)., inoltre, spesso, i disturbi specifici dell’apprendimento sono associati a disturbi emotivi e comportamentali.

Già dall’ultimo anno di scuola dell’infanzia è possibile individuare una fragilità nell’acquisizione delle specifiche competenze dei bambini: difficoltà metafonologiche (es. denominazione di parole; scorretta identificazione dei suoni iniziali e finali delle parole; segmentazione – es. dividere in sillaba la parola – e fusione sillabica – es. unire le sillabe per formare una parola -), di linguaggio, motricità fine (es. impugnatura della penna, difficoltà nella manipolazione di piccoli oggetti, difficoltà nell’utilizzo delle forbici, dei pennarelli, ecc) e coordinazione visivo-motoria (es. difficoltà nel disegno spontaneo e su copia, costruzione di puzzle, ecc.) possono costituire importanti indici di rischio di un futuro disturbo dell’apprendimento.

La terapia sui disturbi specifici dell’apprendimento ha come obiettivo la riduzione dell’impatto che questi disturbi possono avere sulla carriera scolastica e sulla vita dei bambini. Sono coinvolte diverse   figure professionali (psicologo, neuropsichiatra, pedagogista, logopedista) ed è necessaria la  collaborazione/interazione “alunno-famiglia-scuola-esperto”.

Già durante il primo anno di scuola elementare è opportuno somministrare test di screening per  individuare quei bambini a rischio e favorire un’eventuale diagnosi precoce e procedere con un’adeguata terapia per potenziare quelle  abilità che risultano essere fragili o compromesse.

Disturbi della voce – Disfonie

Quando si parla di disfonie infantili si fa riferimento ai disturbi della voce in età pediatrica: distinguiamo le disfonie organiche cioè legate a lesioni alle corde vocali e ad alterazioni neurologiche e le disfonie disfunzionali che sono quelle più rappresentate. Le disfonie disfunzionali sono provocate da un eccessivo sforzo vocale provocato da atteggiamenti vocali e respiratori scorretti determinando, così, un cambiamento della voce fino a renderla rauca e grave.

La disfonia colpisce tantissimi bambini e in particolare quelli più agitati, che gridano spesso per abitudine o per imitazione di un modello adulto di riferimento. Ci sono anche alcuni  fattori che favoriscono l’insorgenza della disfonia come le patologie infiammatorie delle alte vie respiratorie, l’inquinamento ambientale, il fumo passivo e alcune abitudini familiari scorrette (per esempio tenere alto il volume della televisione o della radio mentre si parla, urlare da una stanza all’altra, parlare tutti insieme senza rispettare i turni di conversazione).

La terapia logopedica si propone di modificare le abitudini vocali e respiratorie al fine di evitare il cronicizzarsi del disturbo inoltre la terapia prevede un supporto alla famiglia per mettere in atto una corretta igiene vocale e comportamenti più adeguati che riducono l’abuso della voce.

disturbo-della-voce
Deglutizione-atipica

Deglutizione atipica

La deglutizione atipica è caratterizzata dal permanere, oltre il limite fisiologico di età, di una deglutizione tipica dell’età infantile. In questi casi la lingua, in fase di riposo assume una postura bassa, quindi sbagliata, e, durante l’atto deglutitorio, essa spinge contro i denti o si interpone tra le due arcate entrando in contatto con il labbro inferiore, anziché, come normalmente avviene, appiattire la sua parte centrale contro il palato.

Contemporaneamente si registra una scarsa attività dei muscoli masticatori ed un’alterata tonicità della muscolatura facciale, in particolare del muscolo orbicolare delle labbra il quale può presentarsi eccessivamente contratto (ipertonico) o con una forza muscolare ridotta (ipotonico).

La deglutizione atipica può essere provocata da diversi fattori, tra questi,  si ritrovano:

Tonsille ipertrofiche

Adenoidi

Frenulo linguale corto

Succhiamento del dito

Succhiamento di labbra, lingua e guance

Uso prolungato del ciuccio

Si svolge una terapia definita “miofunzionale” che consiste in una serie di esercizi spiegati dalla logopedista all’interno della seduta e ripetuti a casa più volte al giorno. Tali esercizi hanno lo scopo di ristabilire un corretto equilibrio muscolare, eliminare le posture errate e, infine, insegnare al soggetto il corretto movimento deglutitorio. La collaborazione da parte del paziente  è fondamentale per la buona riuscita del trattamento.

Disturbi della fluenza – Balbuzie

La balbuzie viene definita come un disturbo complesso multifattoriale e multidimensionale determinato da fattori fisiologici, genetici, ambientali, cognitivi, emotivi e linguistici.

Tutte le variabili sopra citate giocano un ruolo  nell’insorgenza e nel mantenimento del disturbo.

Il bambino che balbetta non è solo un bambino che presenta delle disfluenze, ma è anche un bambino che manifesta dei comportamenti di evitamento e delega di fronte agli scambi comunicativi.

La balbuzie è considerata una disfluenza  caratterizzata da prolungamenti di un suono, blocchi, ripetizioni del singolo suono o della sillaba, che interrompono il normale fluire dell’eloquio. Questi rappresentano quelli che vengono definiti Sintomi Primari della Balbuzie. I sintomi primari impediscono a chi parla  di produrre “ciò che vuole dire come lo vorrebbe dire”.

Inoltre possono essere presenti i Sintomi Secondari della Balbuzie cioè alcuni comportamenti presenti durante l’eloquio della persona che balbetta (abbassamento dello sguardo, smorfie del viso, movimenti del capo o del corpo).

Il disturbo colpisce circa il 5% dei bambini e la letteratura scientifica recente ritiene di notevole importanza la precoce valutazione del disturbo da parte del logopedista.

Vengono distinte tre forme di balbuzie in base alle modalità di manifestazione:

Balbuzie clonica: si caratterizza per la ripetizione di una sillaba o di un gruppo di sillabe

Balbuzie tonica: caratterizzata da arresti, intoppi più o meno gravi sia nell’iniziare che nel corso del discorso

Balbuzie mista: presenta le caratteristiche sia della forma clonica che di quella tonica.

Inoltre si può effettuare una distinzione tra:

Balbuzie primaria: transitoria, tipica dell’età infantile, che si manifesta con fisiologiche e normali disfluenze e da intermittenti esitazioni e ripetizioni sillabiche iniziali, la cui risoluzione è spontanea nel 65% dei casi dei bambini in età prescolare, e comunque con un intervento indiretto dà risultati positivi nella maggior parte dei casi.

Balbuzie secondaria, nella fase cronica in età adolescenziale o adulta, presenta una sintomatologia varia e aspetti emotivi e psicologici e la terapia deve prevedere un percorso per migliorare il controllo verbale  ma anche aspetti di ansia e relazionali coinvolgendo, a volte, oltre al logopedista anche altri professionisti.

Per quanto riguarda le cause della balbuzie gli studi sono riusciti ad individuare una serie di fattori predisponenti, la cui presenza non causa sistematicamente balbuzie, ma aumenta la probabilità che si presenti e sono:

fattori prognostici primari:

  • familiarità per la balbuzie,
  • genere,
  • età d’insorgenza,
  • tempo trascorso dall’insorgenza del disturbo,
  • quantità di unità ripetute e intervalli silenti,
  • prolungamenti e blocchi.

fattori prognostici secondari:

  • gravità della balbuzie,
  • movimenti della testa e del collo associati alla disfluenza verbale,
  • deficit nelle acquisizioni relative alle abilità di linguaggio espressivo,
  • caratteristiche acustiche del sintomo disfluenza.

Tra gli altri fattori prognostici secondari si riconoscono:

  • disturbi concomitanti,
  • preoccupazione e reazioni affettive.

L’identificazione precoce della natura del problema permetterà quindi un intervento riabilitativo tempestivo, mirato e più efficace.

Gli esercizi da svolgere si differenziano in  base alla tipologia di paziente, ci sono esercizi per bambini piccoli  con attività di counseling col genitore, che  mirano a stimolare le competenze di base per acquisire il linguaggio. Per gli adolescenti/adulti vengono proposti esercizi/attività  con lo scopo di aiutare la persona che balbetta a:

trovare un giusto equilibrio tra il sentirsi a proprio agio rispetto al proprio eloquio e alla balbuzie,

sentirsi a posto con se stesso,

diventare abile nel capire e nell’usare le tecniche di modificazione della fluenza al fine di diventare “un buon comunicatore».

Balbuzie

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